Notte maledetta per la Juventus con un dramma che lascia i tifosi senza parole, ma cosa è successo realmente? Andiamo a scoprirlo da vicino.
Una situazione paradossale che nessuno si sarebbe aspettato di vivere in un periodo dove le cose stavano andando decisamente bene.
Andiamo a vedere da vicino dunque cosa è accaduto.
Un’ossessione chiamata Coppa dei Campioni
La storia della Juventus nelle competizioni europee è costellata da momenti di gloria ma anche da amare sconfitte. Questo rapporto complicato con le finali di Champions League ha radici profonde, che risalgono agli anni ’70 e si intrecciano strettamente con la famiglia Agnelli. La ricerca della “Coppa dalle grandi orecchie” è diventata un’ossessione crescente per il club, una sorta di Moby Dick del calcio che ha visto alternarsi generazioni di dirigenti e giocatori in una caccia senza fine al trofeo più prestigioso d’Europa.
Il primo episodio significativo in questa lunga saga risale al 25 aprile 1973, quando l’Ajax, squadra all’avanguardia del calcio europeo dell’epoca, affrontò il Real Madrid nella semifinale di Coppa dei Campioni. Quel giorno, l’Ajax dimostrò una superiorità schiacciante sul campo del Santiago Bernabéu, teatro dell’incontro. Con un gioco spettacolare e disinvolto, gli olandesi non lasciarono scampo ai bianconeri, simboleggiando il passaggio di consegne dal grande Real al “piccolo” Ajax come nuova potenza calcistica.
Nel maggio dello stesso anno, la Juventus conquistava lo scudetto in uno dei campionati più avvincenti della sua storia. Questo successo nazionale accendeva ulteriormente le speranze per una vittoria anche sul palcoscenico europeo. La squadra era un mix perfetto di talenti italiani rappresentativi delle varie regioni del paese: dalla Sicilia con Pietro Anastasi alla Sardegna con Antonello Cuccureddu; un vero e proprio melting pot che rifletteva l’unità d’Italia sotto i colori bianconeri.
Le strategie vincenti… fino a un certo punto
Sotto la guida esperta di Giampiero Boniperti e Italo Allodi, la Juventus si era costruita come una macchina da guerra pronta a conquistare l’Europa. Con acquisti mirati come quello di Dino Zoff dal Napoli e una solidità difensiva impressionante (solo quattro gol subiti in otto partite), i bianconeri sembravano avere tutte le carte in regola per trionfare.
Arrivati alla finale del 30 maggio 1973 a Belgrado contro lo stesso Ajax che aveva dominato il Real Madrid poche settimane prima, i tifosi juventini erano pervasi da un misto di speranza ed eccitazione. Circa 40.000 supporter bianconeri invasero Belgrado per assistere a quello che speravano sarebbe stato il coronamento di una stagione straordinaria.
Tuttavia, nonostante gli sforzi diplomatici nei giorni precedenti la partita – inclusa una battuta di caccia tra Boniperti e Vujadin Boskov – sul campo prevalse nettamente l’Ajax. Il gol precoce segnato da Johnny Rep dopo soltanto cinque minuti indirizzò subito la partita verso un esito sfavorevole per i piemontesi.
Una sconfitta difficile da digerire
La partita si concluse con una netta vittoria dell’Ajax che consolidava così il suo dominio nel calcio europeo vincendo tre Coppe dei Campioni consecutive. Per la Juventus rimase solo l’amarezza per un sogno infranto troppo presto e il peso delle aspettative disattese.
Quest’incontro segnò profondamente sia i giocatori sia i tifosi juventini; molti cercarono spiegazioni razionali alla sconfitta mentre altri individuarono colpevolli specifici su cui far ricadere le responsabilità dell’insuccesso.
L’impatto emotivo della finale persa contro l’Ajax nel 1973 fu solo il preludio alle numerose sfide europee future della Juventus; sfide caratterizzate spesso da grandi aspettative ma anche da dolorose sconfitte che hanno continuato ad alimentare quel complesso rapporto tra il club torinese e la tanto ambita Coppa dei Campioni/Champions League.