Anche il progetto targato Friedkin del nuovo impianto di proprietà della Roma rischia di impantanarsi tra ricorsi e denunce in Tribunale
Il primo concreto tentativo di realizzare un nuovo stadio di proprietà in casa Roma è fallito miseramente. Appartiene ormai al passato il progetto della precedente proprietà americana, quella guidata dal business man James Pallotta, che aveva individuato nell’area di Tor di Valle, che fino a qualche anno fa ospitava l’ippodromo della Capitale, il luogo più adatto a costruire un impianto nuovo di zecca.
Il disegno realizzato dall’architetto americano Dan Meis è rimasto su carta, affossato prima dalla giunta comunale presieduta dall’ex sindaco Virginia Raggi e poi bocciato in via definitiva dal nuovo presidente della Roma, l’imprenditore californiano Dan Friedkin.
Il tycoon statunitense ha deciso di realizzare un progetto nuovo, del tutto diverso da quello proposto dai precedenti investitori a stelle e strisce. Gli uomini di fiducia di Friedkin hanno scelto un’altra area in cui costruire l’impianto giallorosso, un vaso terreno situato nel quartiere popolare di Pietralata. Una zona ben servita dai mezzi di trasporto pubblici, che si tratti di metropolitana o di autobus.
Il nuovo progetto ha goduto fin da subito del sostegno quasi incondizionato del nuovo sindaco della Capitale, Roberto Gualtieri, che si è impegnato per rendere sicuro e trasparente il percorso amministrativo propedeutico alla realizzazione dello stadio. Ma come sempre accade in vicende di questo tipo, ostacoli e problemi sono dietro l’angolo.
Roma, il nuovo stadio rischia il naufragio: come e perché anche Pietralata è in bilico
E nelle ultime ore ciò che è emerso a proposito dell’area del futuro nuovo stadio rischia di complicare, se non addirittura di affossare, l’intero progetto. Secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica una parte dei terreni dove dovrebbe sorgere il nuovo impianto giallorosso non sarebbe di proprietà del Comune di Roma.
A sollevare il dubbio su una questione di vitale importanza alcuni cittadini che hanno già intentato delle cause civili per vedersi riconoscere il loro diritto di proprietà su alcune particelle di terreno sulle quali la Roma vorrebbe costruire il proprio impianto.
Si tratterebbe di 53 particelle di terreno, corrispondenti a circa sei ettari, che più di vent’anni fa vennero espropriate dal Comune ai privati ma che non furono trascritte in conservatoria, quindi non registrate. E così adesso i cittadini reclamano di rientrare nella proprietà delle proprie porzioni di terreno. Un bel pasticcio, anche se dal Comune di Roma si cerca di minimizzare.
“Sulla base di quanto ricostruito con i nostri tecnici siamo certi che le trascrizioni in quanto tali non rappresentino una problematica rispetto al diritto di proprietà delle aree – ha dichiarato l’assessore all’Urbanistica Veloccia -. L’unico rischio della registrazione tardiva è il pagamento di una sanzione amministrativa”.