Col trascorrere del tempo fuoriescono dettagli inediti circa la condotta degli Agnelli nell’ambito del calciomercato: le ultime rivelazioni sono una sorpresa
Più che mai la Juventus ha costituito un tema su cui dibattere durante l’ultima stagione sportiva. La società, infatti, è stata indagata a causa della gestione del calciomercato, aprendo un doppio filone. Il primo legato all’utilizzo dello strumento delle plusvalenze nell’ambito degli scambi di calciatori e l’altro relativo al pagamento degli ingaggi, con annesse scritture private.
La conseguenza principale sono state le dimissioni dell’intero Consiglio d’Amministrazione, rappresentato prioritariamente dalla figura di Andrea Agnelli. Per la squadra, invece, c’è stata una dura penalizzazione di -10 punti in classifica. In attesa di una ridefinizione completa della situazione, si dibatte sull’atteggiamento generale della proprietà.
In tal senso, Giuseppe Farina, storico ex presidente del Vicenza, ha rilasciato una lunga intervista al ‘Corriere della Sera’, in occasione della quale ha parlato di vecchi affari con due figure protagoniste del calcio italiano, ovvero Silvio Berlusconi e Gianni Agnelli.
La rivelazione dell’ex presidente: “Agnelli mi pagò in nero”
Sul rapporto con la famiglia Agnelli e gli affari realizzati, Farina interviene raccontando un retroscena: “Gianni Agnelli mi chiamò per andare a Torino e mi disse che voleva Paolo Rossi. Gli dissi che mnemotecnici avremmo parlato l’anno successivo, lui non volle saperne e andammo alle buste. Io lo valutai 2,4 miliardi di lire e l’Avvocato invece 900 milioni. In quella stagione il Vicenza retrocesse in Serie B. Capito come funziona il calcio? Alla fine tornò alla Juventus e il presidente mi diede anche un miliardo in nero. Ma non ricordo come lo spesi”.
Interessante anche l’aneddoto dell’ex presidente del Vicenza sui trascorsi con l’ormai defunto Silvio Berlusconi circa invece l’acquisto del Milan, altro club che fu di proprietà di Farina: “Andai da lui ad Arcore e gli dissi di prenderlo. Offriva 15 mentre l’azionista Giampiero Armani 20. L’indomani il petroliere piacentino ricevette una telefonata da Bettino Craxi, il quale gli disse: “Quell’affare non è per te”. E così non si presentò dal notaio. Invece arrivò la Finanza. Tutti i beni che avevo dato in garanzia, inclusa la casa di Verona della mia prima moglie, mi vennero portati via. Fui arrestato per un reato, il falso in bilancio, che oggi non esiste nemmeno più”.